Aníbal “Pichuco” Troilo nacque l’11 luglio 1914 nel barrio del Abasto a Buenos Aires, lo stesso quartiere che avrebbe dato i natali a Gardel (se si accetta l’ipotesi di origine argentina del cantante). All’età di 8 anni patì la morte del padre. La sua vocazione artistica emerse quando ancora frequentava la scuola primaria. Lo stesso T. in qualche occasione osservò “il fueye (il bandoneón, ndr) mi attraeva tanto quanto un pallone da calcio. La vecchia dovette mendicare un po’, ma alla fine mi diede soddisfazione ed acquistò il mio primo bandoneón: dieci pesos al mese per quattordici rate. E da allora non me ne separai mai più”… In effetti le rate pagate furono solo quattro perché in seguito il negoziante morì senza dare disposizioni.
Suo papà lo chiamava Pichuco, soprannome con il quale cominciò ad essere conosciuto nell’ambiente. Nel 1926, alla tenera età di 12 anni, suonò il bandoneón ad un evento benefico del Piccolo Colón, un cinema del quartiere dell’Abasto, come accompagnamento ad una pellicola muta. Su richiesta del proprietario del cinema passò ad integrare l’orchestra stabile dello stesso cinema. Nel 1930 si unì alla formazione Vardaro-Pugliese, la quale si esibiva al Metropol della Calle Lavalle. Il gruppo era formato da Osvaldo Pugliese al piano, Alfredo Gobbi ed Elvino Vardaro ai violini, Miguel Jurado ed Aníbal Troilo ai bandoneones e Luis Adesso al contrabbasso.

Dopo la morte di Homero Manzi una notte interruppe una partita di Bacarat e si rifugiò in una casa per comporre in un sol fiato la sua opera Responso, un lamento che è riconosciuto come uno dei tangos più brillanti di tutti i tempi. Lo registrò ma in seguito si rifiutava di suonarlo. Lo faceva su richiesta del pubblico, ma si sa che soffriva ad eseguirlo.T. fu un melodico straordinario, talentuoso nella composizione come dimostrato nelle opere da lui scritte per le parole di Homero Manzi (Barrio De Tango, Sur, Discepolín, Che Bandoneón). T. accolse nella sua orchestra l’innovatore del tango, quando all’ancora giovane Ástor Piazzolla fu riconosciuto l’onore di assumerlo come suo arrangiatore, oltre che bandoneonista. T. ricordava sempre a Piazzolla: “la gente ama ballare, non perdiamo il ballo, perchè se perdiamo la milonga, suoniamo”. Piazzolla dal canto suo adorava T. e, ancor prima di entrare nell’orchestra, passava le serate a trascrivere ciò che il suo futuro direttore suonava al bandoneón, con una particolare analoga attenzione all’arte del pianista di T., Orlando Goñi. Le formazioni orchestrali di T. poterono poi contare su cantanti di fama quali Edmundo Rivero, Roberto Goyeneche ed Elba Berón.
“El Bandoneón Mayor de Buenos Aires” morì il il 18 o 19 di maggio del 1975 nell’ Ospedale Italiano per le complicazioni cardiache successive ad una emorragia celebrale.
FONTE: http://daikiltango.wordpress.com
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