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martedì 9 ottobre 2012

Un intruso nel tango: il cantor (seconda parte)


Verso la fine degli anni ’30, il cantor divenne una vera e propria star nel mondo del Tango. A Buenos Aires, in quegli anni convivevano tanto il “cantor nacional”, chiamato così perché aveva un repertorio folklorico che sfociava nel romanzesco, quanto l’ “estribillista”, l’invenzione di Francisco Canaro che nel 1924 chiese ai suoi cantanti di intonare solo il ritornello del brano. Ma il bello doveva ancora venire, perché all’inizio degli anni ’40, Francisco Lomuto, Edgardo Donato e lo stesso Pirincho (Francisco Canaro) cominciarono a dare sempre più spazio alla parte cantata del brano, perché al pubblico piaceva moltissimo! Era iniziata l’epoca d’oro del tango

La caratteristica principale di questo periodo sta nello sviluppo evolutivo del tango canzone, che si traduce, senza dubbio, nella perfetta sincronizzazione e nell'armonia tra il cantante e la formazione musicale. Il cantante era una voce di primo piano, ma era anche uno strumento dell'orchestra; questa di solito era messa in evidenza dal direttore all'inizio e nel mezzo del brano, per poi diventare “succube” della voce nel resto del brano musicale.
La voce era fortemente integrata con la musica, tanto che il cantante poteva essere considerato un ulteriore strumento musicale, che alla stregua del bandoneon e dei violini aveva un ruolo chiaro e distinto nel brano. Inoltre, questo nuovo ruolo per il cantante fu consacrato dal consenso popolare, oltre che dall'importanza commerciale, dal valore del suo cachet, dal volume record di vendite, dalle folle che erano in grado si attirare, dai poster e dagli articoli su giornali e riviste.

Il successo impressionante del tango nel 1940 è dovuto a tre motivi. Il primo è stato la proliferazione di orchestre composte da giovani musicisti di talento: Aníbal Troilo, Osvaldo Pugliese, Miguel Calò, Alfredo de Angelis, ecc. Il secondo è stato il ritmo imposto dall'orchestra di Juan D'Arienzo a metà degli anni Trenta che determinò un avvicinamento dei giovani al genere attraverso la danza, producendo la rinascita tango.

E in terzo luogo, il nuovo ruolo del cantante di tango nell’orchestra. Tale l'importanza si riflette nelle discografie delle formazioni più importanti di quel periodo nelle quali troviamo pochi pezzi strumentali. Essere cantante d’orchestra non voleva dire solo cantare il testo intero di un tango, era principalmente il risultato di una nuova struttura nella concezione del pezzo, che veniva progettato in modo diverso rispetto a prima.

Il cantante ed il direttore d’orchestra rappresentavano un connubio inscindibile tanto che i materiali pubblicitari e i cartelloni sulle pensiline avevano un’unica scritta formata da due cognomi: Troilo-Fiorentino, D'Agostino-Vargas, D'Arienzo-Echagüe, ecc. In definitiva, il cantante e l’orchestra formavano una vera e propria “società artistica”.

Solo a seguito di un brillante successo, e non in tutti i casi, un cantante d’orchestra poteva diventare solista e direttore della propria formazione musicale. Ci sono state molte voci famose, voci celebri come Alberto Castillo, Francisco Fiorentino, Angel Vargas, ma la storia ci insegna che una volta sciolte le orchestre che li resero famosi, molti di essi furono dimenticati o comunque persero la celebrità originaria. 

Non c’è dubbio, che coloro che hanno sofferto di più il fenomeno del cantante solista sono stati i direttori d’orchestra. Alcuni hanno perso molto in termini di successo, come Ricardo Tanturi che dopo Alberto Castillo, diventato celebre quasi quanto Gardel, incontrò Enrique Campos (el caballero del tango), il quale diede all’orchestra di Tanturi un’impostazione più romantica e completamente diversa dal periodo di Castillo. Lo stesso Miguel Calò ebbe la fortuna di incontrare don Raul Iriarte dopo che Raul Beron passò all’orchestra di Lucio Demare. 

Altri, invece, come Julio Sosa, Roberto Goyeneche “El Polaco”, Hector Maurè, Alberto Marino che un po’ soffrivano i limiti imposti dalle regole dell’orchestra del ’40, nella decade del ’50 ebbero un enorme successo.

In questo modo, il cantante solista degli anni ’50, forma la propria orchestra affinchè la musica da essi prodotta potesse esaltare la propria voce, facendo in modo che l’intera esecuzione musicale fosse “schiava” dell’interpretazione canora, capovolgendo un assioma originario del tango ovvero che “è il cantante che segue l’orchestra e non viceversa”.

A ben vedere, è questo il principale motivo per cui nelle milonghe di tutto il mondo si balla il tango del ’40 con qualche incursione del ’30. Perché l’orchestra garantisce al ballerino un ritmo costante a cui si somma la voce del cantante. Tale condizione raramente si verificò negli anni successivi.
Altri grandi nomi che divennero importanti solisti sono Julio Sosa-ex-Francini-Pontier, grande amico di Alberto Podestà, che ha avuto il merito di rilanciare il tango nei difficili anni Sessanta, Floreal Ruiz ex Troilo detto “el Tata”, Roberto Rufino definito dai suoi pari il “maestro dei cantanti” fino ad Argentino Ledesma, l'ex cantante Héctor Varela che, dopo il successo di "Fumando espero", tango di Juan Viladomat Masanas e di Felix Garzo fece una carriera di gran successo vendendo molti dischi.

E poi? Cosa è successo? Le decadi successive non hanno rappresentato per il tango un periodo felice. L’avvento della musica rock, le difficili condizioni politiche in Argentina hanno nuovamente allontanato i giovani dal tango. Le milonghe si svuotavano a favore dei locali dove suonavano i gruppi rock, i gestori non riuscivano più a pagare le orchestre, che si trasformarono in sestetti o in formazioni minori ed iniziarono nuovamente a produrre brani strumentali, molto orchestrati di gusto europeo, con la speranza di vendere dischi in Europa e negli Stati Uniti. È il periodo del “tango for export”. I cantanti più importanti in epoca più recente a titolo di esempio sono: Ruben Juarez, Susana Rinaldi e Maria Graña. Alla fine degli anni Ottanta risorge un nuovo interesse per il genere in tutto il mondo, attraverso il tango strumentale e la diffusione della danza, e ciò sta dando impulso alla nascita di nuove orchestre, che ricalcando le orme del passato stanno dando nuova dignità alla cultura argentina ed al tango. Mi piace ricordare l’orchestra tipica Sans Soucì, che ripropone lo stile di Miguel Calò, con la splendida voce di Walter “El cino” Laborde.

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